Raffaele e Renata hanno donato per anni ad AIRC e quando lei è mancata per un tumore, Raffaele le ha intitolato una borsa di studio. Ma insieme avevano già deciso di disporre un lascito per sostenere la ricerca sul cancro.
“Donare per me è una scelta antica. All’inizio era un modo per essere presenti in situazioni molto difficili nelle quali non avrei saputo dare personalmente un apporto concreto. Più avanti le cose sono cambiate. Specie su sollecitazione di mia moglie, abbiamo cominciato a sostenere la ricerca, che – mi rendo conto – è un tema un po’ astratto e più difficile da avvicinare rispetto a problematiche per cui si avverte l’urgenza di un intervento immediato.”
Raffaele ripercorre le tappe della sua vita di donatore. Ha da poco superato gli ottant’anni. Al primo anno di università, quando muore il padre, comincia a lavorare, ma non smette di studiare e si laurea in Bocconi. L’incontro con Renata avverrà qualche anno più tardi.
“Non ho avuto una vita avventurosa”, racconta Raffaele. Per anni, a fianco del lavoro, ha coltivato la passione per la fotografia, ma gli sarebbe piaciuto anche impegnarsi personalmente in favore di chi aveva bisogno. “Ho fatto diverse esperienze come volontario, ma mi sarebbe piaciuto prendere parte a una missione in favore dei bisognosi.”
Questa propensione di Raffaele si coglie in molti episodi della sua vita. Come quando decide di fare il cammino di Santiago in bici insieme a un amico. “È stata un’esperienza bellissima. Mi ha aiutato ad adattarmi in tutte le circostanze. E poi lì capitano cose meravigliose, dei veri miracoli. Alloggiavamo in ostelli, la cui attività è in parte garantita anche da volontari che durante l’estate aiutano i pellegrini.” A distanza di anni la voce di Raffaele tradisce ancora l’emozione di quei momenti. Il racconto però non finisce qui: dopo questa esperienza, Raffaele decide di restituire quello che ha avuto e l’anno seguente per 15 giorni è lui a fare il volontario negli ostelli e a mettersi al servizio dei pellegrini.
È con questo spirito che insieme a Renata sostiene diverse cause. Compresa quella della ricerca sul cancro. “AIRC ha fatto parte della nostra vita anche quotidiana, perché è una realtà sempre presente: in Italia la ricerca oncologica si identifica con AIRC”, dice Raffaele. Quando Renata si ammala decidono di contribuire anche al progetto Start-Up, finanziamento quinquennale destinato a giovani ricercatori italiani che rientrano da un’esperienza all’estero per avviare nel nostro Paese il proprio laboratorio di ricerca. “L’idea di aiutare i giovani a realizzare le loro aspirazioni ci è sempre piaciuta “, dice Raffaele che racconta l’impressione positiva avuta dagli incontri con i ricercatori sostenuti da AIRC: “Persone così giovani e così addentro alle dinamiche della ricerca fatta in tutto il mondo; ho colto con stupore e ammirazione anche lo spirito imprenditoriale che li caratterizza”, afferma ancora Raffaele che si dice grato ad AIRC per averlo fatto sentire ancora utile, per averlo accolto ed essergli stato vicino in un momento molto delicato della sua vita.
L’impegno in favore della ricerca sul cancro prosegue anche quando Renata manca proprio a causa di un tumore. Raffaele istituisce una borsa in suo ricordo per sostenere ancora una volta i giovani. Proprio come voleva lei.
Insieme a Renata, aveva deciso di disporre anche un lascito testamentario in favore di Fondazione AIRC. “È un qualcosa in cui si crede”, dice Raffaele. “E un modo per continuare a sostenere una causa in cui mia moglie e io abbiamo sempre creduto.” Una scelta coerente con l’impegno di una vita: dare un contributo anche per quando non si sarà più presenti.