Successione e diritto di abitazione del coniuge superstite

Alla morte del coniuge, specialmente in assenza di testamento, scattano gli interrogativi riguardo alla successione e, in particolar modo, ci si interroga riguardo ai diritti del coniuge superstite sulla casa di residenza dei coniugi.

Se la persona deceduta era sposata o aveva contratto un’unione civile come previsto dalla Legge Cirinnà (legge 76/2016), al superstite spetta per legge, oltre alla quota di legittima, anche il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare del defunto e di uso sui mobili che vi si trovano.

Quali sono i soggetti coinvolti?

Oltre al coniuge, ai figli (sia legittimi che naturali) e ai loro discendenti (anch’essi possono essere legittimi o naturali), la collazione si estende al coniuge separato. Trattandosi di un “obbligo”, l’unica via per evitare la collazione consiste nel rinunciare all’eredità.

Diritto di abitazione coniuge superstite: casa di residenza e mobili

Anche in caso di successione legittima la legge, ai sensi dell’articolo 540, comma 2, del Codice civile, attribuisce il diritto di abitazione al coniuge superstite, anche in presenza di altri chiamati all’eredità. Il diritto di abitazione del coniuge superstite è riservato alla casa utilizzata come residenza familiare. Il coniuge superstite mantiene anche il diritto sull’utilizzo dei mobili presenti nell’abitazione, sempre che siano di proprietà del defunto o di proprietà comune. Il coniuge superstite, già al momento dell’avvio della successione acquisisce immediatamente il diritto di abitazione. I diritti di abitazione e di uso non possono essere ceduti o dati in locazione ad altri.

Diritti del coniuge in presenza di altri eredi

La condizione necessaria per il diritto abitazione del coniuge superstite è dunque quella che la casa di abitazione dei due coniugi sia di proprietà comune o di proprietà del defunto. Anche in caso di altri eredi, per esempio i figli, al coniuge superstite spetta il diritto di abitazione e mantiene comunque il godimento pieno della casa di abitazione della famiglia e dei vari beni presenti al suo interno. Il titolare dell’abitazione è tenuto, sotto il profilo fiscale, a versare i tributi relativi all’intero immobile sul quale vanta diritto. Gli altri eredi non sono invece tenuti a versare alcuna imposta.

La condizione necessaria perché il coniuge superstite all’apertura della successione abbia il diritto di abitazione è quello di avere residenza presso la casa adibita a residenza familiare.

In presenza di figli, è solo il coniuge superstite ad avere il diritto di abitazione sulla casa e di uso sui mobili che vi si trovano, ai figli non viene riconosciuto dalla legge un diritto di abitazione.

Eredità tra conviventi, con e senza testamento

Quando si parla di eredità tra conviventi molti sono i dubbi che è necessario sanare per essere certi di non incappare in eventuali problemi e inconvenienti legali.

I conviventi non godono di nessuno dei diritti spettanti ai coniugi, però è prevista una forma di tutela a favore dei conviventi che hanno formalizzato l’unione con una dichiarazione resa all’anagrafe del Comune.

Il caso più semplice: eredità tra conviventi con lascito testamentario

I casi più semplici sono quelli in cui sia presente un testamento scritto del convivente deceduto.

Il convivente può fare testamento a favore dell’altro convivente, nominandolo erede dei propri beni o legatario di beni mobili e immobili (cioè beneficiario di beni specifici).

Nel caso ci siano anche persone aventi diritto ad una quota di legittima, queste avranno diritto ad una quota del patrimonio, come previsto dalla legge.

Convivenza di fatto ed eredità senza testamento

Nel caso in cui il testore non indichi il convivente nelle proprie volontà testamentarie, all’apertura della successione al convivente non spetta nulla, anche se si tratta di una convivenza formalizzata con dichiarazione resa all’anagrafe del Comune di residenza tra persone di sesso diverso.

Il figlio, nato da genitori conviventi, ha diritto ad una quota di patrimonio fissa prevista dalla legge, mentre alla madre convivente del defunto non spetta nulla.

In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente che ha formalizzato la convivenza di fatto all’Ufficio Anagrafe ha diritto di continuare ad abitare nell’abitazione di proprietà del defunto per un tempo limitato.

Nel caso invece in cui due persone dello stesso sesso abbiano contratto un’unione civile come previsto dalla Legge Cirinnà (legge 76/2016), al superstite spetta la quota di legittima al pari del coniuge e il diritto di abitazione sull’immobile di proprietà del defunto e di uso sui mobili che vi si trovano se di proprietà del defunto o comuni.

Successione del conto corrente: cosa bisogna sapere

Il conto corrente fa parte del patrimonio che, in caso di morte dell’intestatario, diventa oggetto della pratica di successione. Ecco come avviene la successione di un conto corrente.

La successione di un conto corrente: questioni di diritto ereditario

Quando si registra il decesso del titolare di un conto corrente o più in generale il titolare di una posizione finanziaria, sia essa in banca o in posta costituita per esempio da un conto, un libretto, un deposito titoli e dei buoni postali), il saldo di quella o di quelle posizioni spetta agli eredi legittimi o ai beneficiari indicati in testamento.

Successione del conto corrente: tempi e dichiarazioni necessarie

Per quanto riguarda i tempi di sblocco del conto corrente per successione, la banca nella quale il denaro è depositato a nome del defunto non procede all’istante all’accredito sui conti degli eredi.

La normale procedura di sicurezza prevede infatti che il denaro sia congelato nell’attesa della documentazione che individui gli effettivi beneficiari delle posizioni, e in presenza di più soggetti, le quote di ripartizione spettanti a ciascuno.

In particolare documentazione richiesta consiste in: atto notorio (o dichiarazione sostitutiva di atto notorio) dalla quale risultano gli eredi; la denuncia di successione, e se la persona deceduta ha lasciato testamento, il verbale di pubblicazione di testamento; la fotocopia del documento d’identità e la copia del codice fiscale dei beneficiari.

Calcolato tutto ciò, non va quindi dimenticato che i tempi di sblocco conto corrente per successione sono di circa sei mesi, ma non si può non sottolineare anche che il termine di presentazione della denuncia di successione è di 1 anno dalla morte del titolare del conto.

Collazione ereditaria: cos’è e cosa prevede

Dispositivo dell’art. 737 Codice civile

Disciplinata dagli art.737 e seguenti del Codice civile, con il termine collazione ereditaria viene definita l’aggiunta all’eredità di tutti quei beni ceduti in dono dal parente defunto quando quest’ultimo era ancora in vita. Il coniuge, i figli e i loro discendenti vedono entrare a far parte dell’eredità (quindi della cosiddetta “massa ereditaria”) i beni (mobili o immobili che siano) ricevuti a titolo di donazione dalla persona poi defunta. La collazione non ha luogo solamente nel caso in cui lo stesso defunto abbia esonerato gli eredi da tale obbligo nel suo testamento, o all’atto della donazione. L’obiettivo è ripristinare le condizioni di uguaglianza nella partizione del patrimonio.

Quali sono i soggetti coinvolti?

Oltre al coniuge, ai figli (sia legittimi che naturali) e ai loro discendenti (anch’essi possono essere legittimi o naturali), la collazione si estende al coniuge separato. Trattandosi di un “obbligo”, l’unica via per evitare la collazione consiste nel rinunciare all’eredità.

Quali beni entrano a far parte della collazione?

Tutti i beni donati in vita dal defunto ai figli e ai discendenti o al coniuge.
Sono inclusi nella collazione le intestazioni di beni a nome altrui (compresi gli immobili acquisiti dal genitore e intestati ai figli) e i negozi misti con donazione, come la vendita di un bene a un prezzo decisamente inferiore al valore di mercato. Ne fanno parte anche le spese effettuate per aiutare i figli ad avviare un’attività lavorativa o a pagare debiti. Sono escluse dall’obbligo di collazione le donazioni ricevute come compenso per servizi resi, e le spese per l’istruzione e per il mantenimento dei figli, le spese per malattia e le donazioni di modico valore.

Cosa si intende per dispensa da collazione?

Il termine “dispensa di collazione” definisce un bene che, pur oggetto di donazione, viene considerato come “mai esistito”. Di conseguenza, non può far parte del patrimonio di beni che costituiscono l’eredità. In mancanza della dispensa, tale bene rientrerebbe nell’obbligo di collazione, divenendo parte dell’eredità e aumentando la massa ereditaria.
Il defunto può esonerare l’erede che ha ricevuto una donazione dall’obbligo della collazione.
La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile.
La dichiarazione di esonero dall’obbligo della collazione può essere resa nel testamento.
L’azione di collazione non è soggetta a prescrizione.
Sono esclusi dalla collazione i legati.

Che differenze esistono tra collazione e riunione fittizia?

La riunione fittizia è la somma di tutte le donazioni fatte dal defunto a chiunque allo scopo di ricostruire l’intero patrimonio del defunto.
La collazione invece riguarda solo le donazioni fatte dal defunto a favore di determinati soggetti (figli e discendenti e coniuge) e porta ad un aumento della massa ereditaria da dividere tra i coeredi.

Il ravvedimento operoso per successione

Il ravvedimento operoso è il procedimento attraverso cui è possibile regolarizzare la propria posizione in caso di ritardo o mancato pagamento di un’imposta. Tale operazione si applica anche alla dichiarazione di successione.

In caso di omessa, errata o incompleta presentazione della denuncia di successione, è possibile regolarizzare la posizione, versando le sanzioni corrispondenti all’Agenzia delle Entrate. Questo procedimento di regolarizzazione si chiama Ravvedimento operoso.

Quando ricorrere al ravvedimento operoso per successione

Generalmente la dichiarazione di successione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate entro 12 mesi dalla data di morte del soggetto. Se, per qualche motivo, la dichiarazione non dovesse essere presentata in tempo, è possibile ricorrere alla dichiarazione di successione tardiva con il ravvedimento operoso. Si tratta, in sostanza, di un’autodichiarazione attraverso la quale si comunica il ritardo all’Agenzia delle Entrate, che a sua volta provvederà ad applicare una mora variabile in base al ritardo accumulato.

Il calcolo del ravvedimento operoso per successione tardiva

Per il calcolo della mora da versare per ravvedimento operoso per successione tardiva si possono usare dei comodi software online, tenendo conto della tipologia di beni e del ritardo accumulato. Il ravvedimento operoso e le rispettive sanzioni ridotte si dividono infatti in cinque categorie: sprint, se effettuato entro 14 giorni; breve, se effettuato tra i 15 e i 30 giorni; intermedio, se effettuato entro 90 giorni dall’omissione; lungo, se effettuato entro l’anno in corso; ed infine lunghissimo se effettuato con un ritardo superiore ai 2 anni dalla data di apertura della successione.

Cosa accade in caso di successione con erede deceduto

In caso di erede morto prima del testatore si apre un nuovo scenario. Cosa accade in fase di successione?

Successione con erede deceduto e disposizione di un ulteriore chiamato

Il soggetto che per legge o a seguito di un testamento diventa erede viene definito “chiamato all’eredità”.

Tale chiamata si apre al momento della morte della morte del de cuius, quando cioè si apre la successione.

Se il chiamato all’eredità non può succedere (questo avviene in casi particolari e cioè: perché è deceduto prima o nello stesso momento di chi ha fatto testamento, per indegnità o perché non vuole succedere perché ha rinunciato), si verifica la nuova chiamata a favore di altro soggetto nei seguenti casi:

  • per sostituzione testamentaria se il defunto nel testamento ha indicato un altro soggetto al suo posto
  • per rappresentazione in determinati casi e per determinati soggetti ex art. 467 c.c.
  • per accrescimento tra coeredi in casi definiti ex art. 674 c.c.

Se non si applicano questi casi, si apre la successione legittima.

Requisiti necessari per la rappresentazione

L’ulteriore chiamato può essere indicato tramite le regole della rappresentazione quando sussistono alcune condizioni:

  • il primo chiamato (l’erede deceduto prima della successione) deve avere dei discendenti, legittimi o naturali;
  • il chiamato premorto deve essere figlio legittimo del defunto, oppure adottivo, legittimato o naturale. Può anche essere sorella o fratello del defunto o discendente della sorella e del fratello del defunto.

In presenza di questi presupposti i rappresentanti, cioè i soggetti che discendono dall’erede morto prima del testatore, gli subentrano a seconda del grado di parentela con il loro ascendente.

All’interno della stirpe del defunto le regole della rappresentazione procedono all’infinito, non viene quindi posto alcun limite di grado fra la parentela del de cuius e quella del discendente.

In sostanza, quindi, se il primo chiamato muore senza aver esercitato il diritto di accettare l’eredità, questo diritto viene trasmesso ai suoi eredi insieme al patrimonio ereditario.

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